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* Sara e il dolce all'arancia e cannella




C'e' un grande orologio bianco, antico, scrostato. Sta' in aria come
una luna piena, a ricordarmi la partenza del treno di li' a poco. 
Solo poche ore prima c'era stato un vaffanculo, masticato sull'uscio
di un ristorante gestito con malagrazia da vecchie megere rintanate in
un antro, mobili come arredi funerari e cupa penombra. Mi precipito
fuori, al sole. Seguo la mia ombra sul marciapiede, ancora rimuginando
la scortesia subita, resa piu' acuta dalla presenza dell'ospite, un
ombra gemella che cammina al fianco della mia. Mi viene da scusarmi
con lui per la scortesia dei miei concittadini. Non ce ne sara'
bisogno. Come per una compensazione del destino, un insegna si
materializza: entriamo.
Penombra. Fresco. Nessuno. Sara. 
Non mi rendo conto subito, all'inizio e' tutto cosi' convenzionale:
due amici che si incontrano lontano da casa, le solite frasi che
volteggiano attorno per ricadere sul pavimento di graniglia bianca,
triangoli neri come una cornice tutto intorno ai muri. A poco a poco
si insinua, dapprima inavvertita poi sempre piu' presente, prende la
forma di un venticello carezzevole che lambisce il nostro tavolo e si
perde verso il fondo del locale. Come una magia. La vecchia luna e'
li', appesa in alto, con le lancette antiquate che si muovono, ogni
minuto qualche millimetro. Si e' fermato invece il tempo per il pollo
che Sara ci porta. E' stato sfibrato in minuscoli filamenti,
trasfigurato nell'essenza del pollo, mescolato a mela e banana.
Volteggia su una nuvola di erba verde, la mela acidula e croccante, la
banana dolce e sensuale, i filamenti immateriali del pollo. E'
semplice da fare, come di solito avviene alle magie ben riuscite.
Le lancette sulla luna si sono ormai spostate sull'ora che coincide
con la partenza del mio treno, ma non mi importa. Treni che passano ce
ne sono un'infinita', per ogni destinazione. Scegliere quello giusto,
e' li' il difficile. A volte il treno giusto e' quello che non prendi.

DOLCE DI ARANCIA E CANNELLA

Non l'ho chiesta la ricetta. Non lo faccio mai, e' come chiedere al
prestigiatore di svelarti il trucco: tu poi sarai piu' informato e
consapevole, ma intanto l'incanto svanisce.
Non l'ho chiesta la ricetta, ma nell'attimo in cui l'ho assaggiata e'
stato come se l'avessi sempre saputa. Mi raccontava di casa e di
viaggio, era insieme solare e malinconica.
Con uova, farina, latte, zucchero e uno schizzo di cointreau, faccio
una pastella molto densa. La verso in una teglia, uno strato sottile
di un paio di millimetri. In forno, a bassa temperatura, che rassodi
senza colorire, lentamente perche' non prenda il gusto d'uovo cotto.
Intanto preparo una marinata di succo d'arancia, zucchero e cannella,
nella quale immergo l'omelette cotta al forno e arrotolata su se
stessa. La metto in frigo coperta per un paio d'ore. Al momento di
servire la tolgo dalla marinata e la decoro con fette di arancio e
cannella in polvere. Taglio a fette.
Dedicato a tutti quelli che sanno perdere il treno.

a.