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Gnam: Fichi caramellati



Lo so, lo so, mi ripeto , avendo gia' postato la ricetta lo
scorso anno, ma chissa' ... forse a qualcuno e' sfuggita
e ad alcuni dei tanti nuovi arrivi in Ihc potra' interessare..
E poi in somma, :-) io li ho preparati anche quest'anno,
apportando alcune modifiche, e quindi eccoci qua con la
ricetta:

Il fichi devono  essere integri, sani, e preferibilmente
raccolti prima che siano a  maturazione completa,
quando il frutto presenta la caratteristica goccia bianca.

Si dispongono in un unico strato in teglia bassa da
forno,  seduti , e si cospargono di zucchero  in
proporzioni di Kg 0.350 per Kg. di prodotto.
Si spreme un limone per ogni teglia piena e si lascia
macerare per una notte intera.   Il mattino seguente
i fichi avranno ceduto parte del succo, e zucchero e
limone saranno amalgamati, in buona parte, in sciroppo
denso.

Far bollire ora, a fuoco molto basso (importante) ,
i fichi e lo sciroppo fino a fare addensare questo
ultimo di circa la meta' del volume iniziale.

Mettere quindi il tutto in forno ben caldo, e lasciare
borbottare appena , se necessario abbassando la
temperatura, fino ad una consistenza densa ed una
colorazione scura di fichi e sciroppo.

Tentando di spiegare al meglio, una goccia di succo
versata, deve scorrere si', mantenendo tuttavia la propria
corposa rotondita'.... o rotonda corposita' (?) , mah ! :-)
Si puo' mettere in preventivo praticamente una intera
giornata, da dedicare esclusivamente alla fase di
cottura dei fichi.

Si conservano bene fino all'anno seguente, ed oltre, se
messi ancora caldi in vasi e sigillati, lasciando raffreddare
coperti.

Nella Bassa Romagna si esalta il gusto dei fichi,
servendoli in abbinamento con lo squacquerone, o
il raviggiolo, formaggi vaccini freschi, morbidi e acquosi
dal sapore acidulo ma delicatissimo, che esaltano in maniera
superba il gusto dolce-caramellato dei fichi.

Un abbinamento gradevolissimo e fresco,  che si sposa
con garbo a colei che e'  protagonista e  mito gastronomico
per eccellenza della cucina romagnola, la piadina calda.
Se poi ad accompagnare il tutto, si serve in tavola un
vivace e fresco Trebbiano, preferibilmente giovane, di
quello che va giu' bene ad abbracciare lo stomaco, si
completa al meglio il  rito di una tradizione, un po' grassa,
un po' prosperosa, e se mi e' permesso il termine, un po'
trombonesca e cagnarona,  tipiche della convivialita'
romagnola. :).

Buon appetito dunque ...e un abbraccio.
Claudia